Tremila trapianti di fegato e l’insegnamento dei Santi Medici - Centro Studi Internazionali Pierre Julien - Iconografia e Venerazione dei santi Cosma e Damiano

Patroni di Alberobello
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Centro Studi Internazionali Pierre Julien
titolo del sito del comitato feste patronali di Alberobello
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COMITATO FESTE PATRONALI ALBEROBELLO - SITO UFFICIALE
ICONOGRAFIA E VENERAZIONE DEI SANTI MEDICI COSMA E DAMIANO
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Tremila trapianti di fegato e l’insegnamento dei Santi Medici

Il Centro Studi Internazionali Pierre Julien ha il piacere di presentare l'esperienza del dr. Piero Celoria, membro dell'equipe del Centro Trapianti di Fegato Universitario dell’Ospedale Molinette della  Città della Salute di Torino, diretto dal prof. Mauro Salizzoni. Il dr. Celoria lo abbiamo conosciuto, insieme alla sua consorte, nei pressi della sede del Comitato Feste Patronali durante la festa del 2017. Dopo le presentazioni e le varie spiegazioni sulla festa patronale scaturì l’invito a scrivere per la nostra Rivista. Egli riferì che tranquillizza sempre i suoi pazienti mostrando la foto del miracolo della Gamba nera di Alonzo de Sedano, quasi a voler ripetere per loro il celebre evento miracoloso.


Centro di Chirurgia epatica e Trapianto di fegato di Torino
l 17 luglio del 2017 è stato perfezionato il trapianto numero tremila presso il centro di Chirurgia epatica e Trapianto di fegato di Torino dove lavoro. L’ Istituto è diretto dal professor Mauro Salizzoni, pioniere dal 1990 e guida di un gruppo di lavoro coeso e impegnato giorno e notte in una attività che non conosce soste né vacanze né riposo. L’Ospedale delle Molinette di Torino e l’Università della Città sono rappresentate da “Mauro” e da tutti i suoi collaboratori, che si dedicano ad un lavoro nobile, in cui vita e morte si lambiscono quotidianamente e in cui si assiste alla generosità dei donatori e delle loro famiglie e alla ripresa da sofferenze e pericolo di vita degli ammalati. Si osserva in altre parole l’uomo nella propria finitudine, nel desiderio di vivere, nella speranza di guarire.
Svegliarsi ogni mattina o impegnarsi nelle ore della notte, in un settore come questo - che pone l’uomo di fronte ad una concezione della vita e della sofferenza assolutamente peculiari - è stato per me, in questi anni, un onore. Un profondo senso di appartenenza ai doveri della propria professione e un desiderio costante di miglioramento su tutti i fronti, etico e tecnico, albergano in ognuno di noi, motivati dal costante e avvolgente esempio del nostro Capo, che in prima persona e quotidianamente si adopera per i malati.
Il numero raggiunto è straordinario e pone il Centro di Torino tra i migliori a livello internazionale sia per quantità sia per qualità dei risultati.

Certo è che, per un mio personale atteggiamento filosofico verso
la vita, oltre all’impegno in sala operatoria e alla sua complessa organizzazione, ho ogni istante riflettuto su ciò che accade in trapiantologia, in quello spazio-tempo teso tra l’atto meraviglioso della donazione e l’attesa ansiosa del ricevente, che spesso versa in condizioni critiche. E tra questi due momenti si pone l’analisi fenomenologica di ciò che accade, e nel momento in cui accade, all’organo prelevato e non ancora trapiantato. In quei momenti che possono durare alcune ore quando l’organo, il fegato nel nostro caso, è defunzionalizzato e preservato, in attesa dell’impianto.

Sembra di osservare un atto che, seppur non miracoloso, ha
comunque una sua intrinseca sacralità, anche per i non credenti. Nella ricerca, quindi, della storia dei trapianti, che inizia tecnicamente di fatto nella seconda metà del secolo scorso con Murray che trapiantò il rene tra gemelli omozigoti nel 1959, fino a Christian Barnard che nel 1967 trapiantò il primo cuore, passando per il nostro maestro Thomas Starzl che nel 1963 perfezionò il primo di fegato, è impossibile non incontrare i Santi Medici, i protettori dei chirurghi. Durante le mie ore di lezione a studenti e specializzandi sono felice ogni volta che mostro una diapositiva della pala di Alonso de Sedano, del 1495, raffigurante i Santi in quell’atto che li presenta ai devoti in tutta la loro benevolenza: quello di sostituire l’arto malato del loro sacrestano con l’arto di un donatore. Certo un archetipo simbolico ad alto impatto emotivo, che rende la trapiantologia scienza densa di significati che vanno oltre la tecnica, oltre la medicina, verso i confini del mistero della vita e della morte. I santi Cosma e Damiano, quindi, riferimento per i credenti e icona di benevolenza per i non credenti in un atto di trasposizione che nella nostra epoca è divenuto e considerato “normale” e atteso come necessario, ma che in realtà mantiene un aspetto sacrale, nella dimensione di ciò che è separato ontologicamente da ciò che è altro dal trapianto.

Incontrare lo scorso anno, durante un mio breve soggiorno nella meravigliosa Puglia, e ad Alberobello in particolare, la devozione agli “anargiri”, cioè verso coloro che non ricevevano compenso alcuno, è stato un momento bello, che ho vissuto intensamente. Ciò mi porta a questo piccolo contributo scritto, di chi ogni giorno è impegnato in un’opera di alto profilo tecnico che in realtà è densa di significati che vanno ben oltre la tecnica, per affondare nel mistero che Cosma e Damiano testimoniano. Il trapianto in generale è l’unica procedura chirurgica e medica che non prevede professione privata. Questo perché la donazione e l’organo donato in particolare hanno una intrinseca sacralità che ne determina l’appartenenza a tutta la comunità e vengono perciò preservati da qualsiasi atto privato. In fondo, è anche per questo che l’insegnamento dei Santi Medici, anargiri per l’appunto, ha assoluto valore attuale.
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